Non c’è niente di meno pacifico della liberazione, e quindi niente nella liberazione che possa essere accostato a qualcosa di pacificato.
Buon 25 aprile, sì, ma non a tutti.
A tutti quelli che non credono sia finita là, e sanno che la resistenza non è un fatto ma una conquista.
A quelli che si svegliano la mattina, e tengono già mal di testa per il giorno che li aspetta.
A quelli che nonostante quel giorno, con le unghie e con i denti, stanno ancora combattendo.
Alla mia terra, che martoriata non si arrende.
A tutti quelli che si oppongono al biocidio, ai comitati no inceneritore, ai comitati territoriali, agli acerrani.
Agli abitanti del campo rom di Scampia, e a tutti gli altri abitanti di tutti gli altri campi rom.
Ai migranti che sono arrivati, a quelli che arriveranno e alle nostre braccia che li accoglieranno come fratelli.
A Gaza e ai palestinesi, a Kobane e ai curdi, e a tutti quelli per cui è 25 aprile tutti i giorni.
Ai valsusini.
Ai no muos.
Ai no dal Molin.
Ai no triv.
E a tutti i no che è ancora assurdo dover ribadire.
Alla famiglia Giuliani, alla famiglia Aldrovandi, alla famiglia Cucchi, alla famiglia Esposito, alla famiglia Bifolco eccetera, eccetera, eccetera.
A tutti i professori che hanno spiegato agli studenti di che stiamo parlando.
A tutti gli studenti che non ci stanno a fare solo gli alunni di qualcuno.
A tutti gli operai, ma pure ai disoccupati, ai precari, e a tutti quelli che lavorano per un altro.
Ai miei genitori, che mi hanno insegnato la resistenza e la dignità ogni giorno.
Ai miei compagni, a quelli vicini e a quelli lontani, ovunque stiano e qualunque strada abbiamo deciso di prendere, per tutte le cose diverse che facciamo e per tutte le cose uguali che pensiamo, perché veniamo dallo stesso pezzo di mondo, quello che sta da una parte e non da un’altra.
A tutti gli scugnizzi di ieri e di oggi.
E a me che, nonostante tutto, tengo botta.